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Il Giuggiolone

Il Giuggiolone

“Andare in Brodo di Giuggiole”

di BENEDETTA LUCIANI Sommelier

Provare una gioia incontenibile, sentirsi appagati, gongolare. Capita, ogni tanto. Uno stato emotivo, questo, racchiuso in un’espressione antica, di origini toscane: “andare in brodo di succiole”. Quelle succiole, castagne lessate con la buccia, negli anni, diventano giuggiole.

Marche – Macerata – Sigi Azienda Gricola Confetture – Cesto di giuggiole

In dialetto, nelle Marche, jujimi: un frutto d’autunno, facente parte, ormai, della famiglia dei dimenticati; un po’ come i morici, le brugnolette, le visciole o i fichi bianchi, sulle cui piante, un tempo, ci si arrampicava per mangiare. Il sogno di recuperare questi frutti antichi, per Silvano Buccolini, di Macerata, 25 anni fa, è diventato mestiere. Nel 1999, tre anni dopo la nascita della sua Si.Gi, un tale, qualcuno del settore diciamo, gli lancia una provocazione: «Tu fai tante cose, ma il brodo di giuggiole mica!». Così nacque il “Giuggiolone”, per sfida.

«Ѐ una storia che sa tanto di tigna. Di tigna dei marchigiani»

dice Silvano che, quella sfida, la raccoglie al volo. Butta giù un’idea e, con l’aiuto del padre, riempie la prima botte.

«Ci ho messo 8 anni per venirne a capo. Ѐ stata durissima» spiega.

La prima bottiglia commercializzata, meno elegante certo, ma vicina, per complessità e struttura, alle ultime annate, risale, infatti, al 2007. Brodi di giuggiole, anticamente, se ne facevano. «La giuggiola è un frutto espettorante, fa bene alle vie respiratorie. Con giuggiole, zucchero e aggiunta di alcol si preparavano dei medicamenti per la tosse» racconta Martina, figlia di Silvano, che ha scavato ancora più indietro, arrivando in Medio Oriente dove, con le giuggiole, si faceva una bevanda alcolica.

Silvano Buccolini

La bevanda di Silvano si sarebbe dovuta chiamare “Brodo di giuggiole”. La stava ancora elaborando quando, un’altra azienda, con quello stesso nome, ha registrato un liquore. «Fu Alessio Cingolani (docente AIS, ndr) che, presente durante l’imbottigliamento, molto goliardicamente mi suggerì di chiamarlo Giuggiolone» racconta Silvano. Nome che, tuttavia, gli costò gli insulti di Vissani, allora conduttore di Linea Verde, trasmissione alla quale Buccolini partecipò. Pare, infatti, che quello fosse il soprannome dello chef e, vederlo stampato in etichetta, non gli andò giù.

Nel 2013 Martina con il Giuggiolone vince l’Oscar Green: la Coldiretti lo ha riconosciuto come prodotto innovativo nel mondo del beverage.

«Fu interessante, in quell’occasione, presentare i miei studi sul legame tra il Giuggiolone e l’Odissea. I Lotofagi offrirono a Ulisse e ai suoi compagni il frutto del loto, alimento che faceva dimenticare ogni cosa. Eppure, non è mangiando un frutto che ci si inebria. Quel frutto, probabilmente, era la giuggiola, il cui nome scientifico è proprio Zizyphus lotus»

spiega la vincitrice. D’altronde, anche Erodoto nelle sue “Storie” lo riporta: “Il frutto del loto è grande quanto una cipolla e ricorda, per la dolcezza, il dattero. I Lotofagi ne ricavano anche un vino”. «Dunque – conclude Martina – abbiamo pensato che quella potesse essere una bevanda molto simile al nostro Giuggiolone».

Il Giuggiolone versato

Gli ingredienti sono tre, molto semplici: giuggiole mature, vino, più specificatamente Trebbiano, e zucchero. Lungo e complesso, invece, è il procedimento. Occorrono quattro anni, tra prima macerazione, fermentazione, maturazione, decantazione, filtrazione e quelle fasi ulteriori proprie di un procedimento enologico. «Due sono le difficoltà più grosse: la separazione della massa fermentata, tanto densa, oleosa quasi, e la chiarifica» racconta il produttore che, negli anni, la sua chiave di volta l’ha trovata. Gelosamente Silvano la custodisce. Dattero, fico secco, melata di bosco: in bocca, la giuggiola matura, sa di questo. Il Giuggiolone, color ambra lucente, restituisce quei sapori, unitamente a quelli del cioccolato fondente e del miele di castagno. “La bocca non è stracca se non sa di vacca”. Martina ricorda tale detto bresciano. Del formaggio abbinato al Giuggiolone, come fine pasto, non è affatto male. Se poi, sopra al pecorino sardo in particolare, spalmiamo della confettura di giuggiole, è la fine del mondo.

E farci un cocktail, perché no? «Difficilmente un barman utilizza il vino. Questo prodotto poi, che non è né vino né liquore, è quasi impossibile da proporre per fare i cocktail, anche se qualcuno (Stefano Isidori, presidente AIS Marche, ndr) ci ha provato» riferisce Martina. Ad una manifestazione il tizio che doveva portare i prodotti per i cocktail di benvenuto non si presentò. Di necessità virtù: con un po’ di soda, passerina spumantizzata e giuggiolone l’esperimento riuscì alla grande.

L’articolo è tratto da: “Sommelier Marche Magazine – Agosto 2021” Si ringrazia Ais Marche per la concessione

L'articolo è tratto da: "Sommelier Marche Magazine - Agosto 2021" Si ringrazia Ais Marche per la concessione